In queste ultime settimane Napoli e la sua provincia sono state protagoniste di quattro eventi che l’hanno portata, come suol dirsi, sotto la luce dei riflettori: le violenze sessuali a danno di due minorenni di Caivano da parte di un gruppo di minorenni, l’assassinio, per futili motivi, di un giovane musicista da parte di un minorenne armato legato alla criminalità organizzata, gli spettacolari (dal punto di vista dell’esibizione di forza muscolare) blitz delle forze dell’ordine “contro la camorra” in determinate zone di Napoli e provincia, infine le iniziative degli ex percettori del Reddito di Cittadinanza – quest’ultima cosa estesasi anche ad altre città del Meridione. Andiamo con ordine ed analizziamo gli eventi.
Innanzitutto, è da notare nella gestione mediatica degli eventi l’aspetto del razzismo antimeridionale, tipico di vari partiti dell’attuale governo. Le “baby gang”, infatti, sono un fenomeno che attraversa l’intero Paese, stupri e femminicidi altrettanto. È evidente perciò come Caivano venga costruita ad hoc come caso nazionale, con il suo contorno di “soluzioni” su base poliziesco/repressiva e normative speciali. Scusate se cito il classico motto per cui “pensar male è brutto, ma c’azzecchi quasi sempre”: già adesso s’è iniziato a vedere qualcosa ma, a partire dalla prossima finanziaria, quando alla fine di dicembre sarà definitivamente eliminato il Reddito di Cittadinanza e si aggiungeranno altre centinaia di migliaia di persone a quelle già colpite ad agosto, è presumibile che il Sud potrebbe innescare una serie di rivolte popolari generalizzate – o almeno è quello che temono i governanti.
In effetti, il primo dei quattro eventi è stata proprio, a partire dal 1° agosto, la sospensione del Reddito di Cittadinanza a 169.000 famiglie beneficiarie: si trattava dei nuclei familiari coinvolti nel restringimento della platea e che, considerati “occupabili” in base ai criteri stabiliti dall’attuale governo, hanno smesso di ricevere l’assegno di sostegno contro la povertà. Qui nel napoletano, come movimenti, avevamo creato da molti mesi prima dell’agosto vari comitati territoriali per cercare di aggregare i percettori di reddito, comitati che avevano svolto una notevole attività sul territorio, riuscendo però ad aggregare solo una piccola parte dei percettori fuori del nostro ambito, per così dire, “compagnesco”. L’arrivo degli sms ha cambiato in parte la situazione, mettendo in contatto i “movimenti” con una serie di percettori di reddito che si erano organizzati autonomamente dopo l’arrivo degli sms: si è riusciti a mettere in campo alcune mobilitazioni (che sono ancora in corso e che hanno in campo ulteriori iniziative a settembre), anche in altre città del Meridione d’Italia. Mobilitazioni che sono state colpite immediatamente dalla repressione mediatica, con un’organizzata e capillare campagna stampa sui “fannulloni legati alla camorra”…
Una campagna che è apparsa oggettivamente sproporzionata rispetto ai numeri effettivamente messi in campo: delle 169.000 famiglie coinvolte solo un migliaio è scesa effettivamente in piazza, legate spesso ad un processo identitario di ordine politico (la sinistra radicale e, a partire da agosto, i seguaci a vario livello di Conte e, in minima parte, anche la destra sociale critica verso Lega e Fratelli d’Italia). Questa mobilitazione parziale si spiega, a nostro avviso, con il fatto che il Reddito di Cittadinanza non è stato conquistato con le lotte e, di conseguenza, non ha sedimentato gruppi che sentono questo come un attacco alla loro identità. L’area sociale dei 5 Stelle poteva essere questo gruppo ma il suo sfascio l’ha ridotta al minimo degli attuali “contiani” popolari.
In ogni caso, la mobilitazione è iniziata e, come dicevamo, il governo ha in mente una serie di ulteriori regalini di non poco conto da elargire alle classi lavoratrici. Innanzitutto parliamo delle centinaia di migliaia di famiglie – ad occhio un milione di individui – che a gennaio saranno definitivamente escluse dal Reddito di Cittadinanza, contando anche le ulteriori famiglie che si aggiungeranno a gennaio 2024 alle 169.000 di agosto 2023. Solo per le situazioni più disagiate, poche decine di migliaia, è annunciata la possibilità di essere assistiti dai servizi sociali entro il 31 ottobre continuando a fruire del Reddito di Cittadinanza: gli altri potranno eventualmente ottenere il Supporto per la formazione ed il lavoro (Sfl) e, se pure lo otterranno, dovranno accontentarsi sia di un assegno massimo di soli 350 euro al mese per un massimo di 12 mesi, a condizione di partecipare a misure di “attivazione lavorativa”.
Si tratterebbe nella migliore delle ipotesi di un taglio di oltre la metà dei fondi precedentemente percepiti dalle famiglie in difficoltà. Nella migliore delle ipotesi, però, perché si prospetta una manovra sui 30 miliardi per ottobre che già farà saltare di per sé sia “Quota 41” sia la modifica della legge Fornero sulle pensioni. È questo il motivo per cui sia Giancarlo Giorgetti (ministro dell’economia) che Raffaele Fitto (ministro per gli affari europei) chiedono alla Unione Europea una qualche forma di “alleggerimento” delle regole su deficit e debito ma, anche se fosse, difficilmente le tante promesse come flat tax, abolizione della legge Fornero, pace fiscale, abolizione accise, assunzioni di massa, ecc. – di là del giudizio sui singoli provvedimenti – saranno mantenute.
Nel frattempo, le sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina hanno impattato fortemente sull’economia italiana, appena uscita dai problemi legati alla pandemia. A tutto ciò già ora, la cosa si farà però strutturale all’inizio dell’anno prossimo, si aggiungerà una improvvisa caduta verticale del reddito di centinaia di famiglie popolari. Il tutto implica ed implicherà ancora di più una parallela caduta del reddito di chi usufruiva in maggiore misura del Reddito di Cittadinanza: i commercianti e le imprese. Alcuni di questi, magari, hanno supportato ideologicamente – vi ricordate le campagne sul fatto che non si riusciva a trovare lavoratori disposti a lavorare per una miseria in negozi e aziende? – l’abolizione del Reddito di Cittadinanza; ora però si accorgeranno che pagare una miseria un dipendente gli costerà migliaia di euro od anche più di entrate in meno…
Il governo teme quindi lo scatenarsi di un demoltiplicatore economico che porterà assai probabilmente ad un acuirsi della crisi, la quale potrebbe finalmente portare in piazza su questioni finalmente serie milioni di persone, partendo magari proprio dalla questione del Reddito di Cittadinanza abolito. Che ciò avvenga non è purtroppo detto ma il timore resta e la sovraesposizione mediatica dei fatti di violenza di Napoli e provincia può essere letta, come dicevamo, in quest’ottica. Rivediamoli brevemente: subito dopo lo stupro palermitano, Caivano salta agli onori della cronaca perché è il luogo dello stupro di due minorenni da parte di un gruppo di coetanei; di lì a poco la notizia dell’omicidio di un giovane musicista da parte di un sedicenne che gli spara tre colpi a bruciapelo per un banale contenzioso su un parcheggio.
Intendiamoci: entrambe le vicende non sono da sottovalutare e comportano riflessioni assai forti sul degrado economico e sociale di Napoli e della sua provincia – tra l’altro non particolarmente diverso da quelle di altre zone della penisola, anche del Centro Nord. Insomma, un progressivo decadimento – durato decenni – dei servizi sociali, oltre che della chiusura e/o “delocalizzazione” dei poli industriali e produttivi, ha portato un aumento della disoccupazione ed un degrado delle condizioni di vita, negli ultimi dieci anni solo in parte e solo nel centro napoletano compensato dal boom turistico, il quale però ha portato con sé i fenomeni della gentrificazione. Tutte cose molto importanti e che questo giornale ha spesso e volentieri trattato. Dal punto di vista che abbiamo scelto in questo articolo è però più interessante notare come l’ineffabile Meloni abbia risposto agli eventi con una notevole campagna mediatica a supporto: tramite ipotesi legislative repressive (ha colpito soprattutto l’ipotesi della galera per i genitori dei minorenni che si rendono protagonisti di determinati atti), il rafforzamento delle forze dell’ordine locali (niente di che dal punto di vista quantitativo, quindici vigili urbani, ma fondamentali dal punto di vista comunicativo), l’organizzazione di blitz spettacolari con largo uso di elicotteri che in questi giorni, nonostante gli scarsissimi risultati, ha abbondantemente tenuta sveglia l’attenzione dei cittadini di Napoli e provincia.
Sempre nella logica del “pensar male”, potremmo essere qui di fronte ad una prova generale nei confronti di movimenti popolari che – loro possono temere e noi auspicare – finalmente si muovano sul terreno dei loro interessi materiali effettivi. D’altronde, come noi ci stupiamo con rammarico che, nonostante come vengano trattate, le masse popolari sostanzialmente non si ribellino contro questo stato di cose ma che prima o poi il tappo salterà, lo penseranno sicuramente anche i potenti dell’italica terra e si preparano alla bisogna. Certo, come dicevamo prima, che questo avvenga in quest’occasione specifica non è affatto detto e, inoltre, non è detto che si giunga a movimenti di opposizione “progressisti”. In questo caso però andrebbe seguito l’esempio dei compa francesi con il nascente movimento dei gilet jaunes – non proprio il meglio della vita all’inizio – che si turarono il naso, intervennero in esso e seppero indirizzarlo.
Enrico Voccia